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Publié le 29/09/2014
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perfetti. Inoltre aveva tanti legami con la vecchia monarchia che per decenza non poteva far parte ora della nuova. Propose
Sedara, che aveva ancora quella voglia di cambiamento necessaria ad un senatore. Il giorno dopo lo accompagnò alla
partenza.
V cap.
Padre Pirrone va a san Cono, paese nativo per i 15 anni dalla morte del padre. Parla con gli amici e ne dice male della
rivoluzione poi con l’erbuario cerca di spiegare la posizione dei Salina ma si dilunga in astrazioni sulla classe dominante. Il
giorno dopo deve risolvere un’altra disputa in famiglia : una sua nipote si era fidanzata ed era in cinta con un cugino, ma tra I
due rami della famiglia per ragioni antiche (di eredit
à) non vi era alcun rapporto. Lui riesce a risolvere la situazione e a
portare la pace nella famiglia.
VI cap.
Uno dei momenti pi
ù attesi dall’aristocrazia palermitana erano i balli: l’Italia era unita, e festeggiavano di trovarsi ancora l ì.
Questa volta il principe aveva insistito che ci fossero i Sedara, per presentare Tancredi ed Angelica. Arrivarono presto, e
furono accolti degnamente. Quando arriv
ò Angelica cattur ò l’attenzione di tutti. La festa cominci ò ma il principe si annoiava:
tutto era come sempre, e gli altri non avevano i suoi interessi (astronomia, matematica). Cominci
ò a vagare per i saloni: era
di umore nero. Si rifugia in una piccola biblioteca, dove, attirato da un quadro, compie una riflessione sulla morte per lui
sempre pi
ù vicina. Poi arrivano Tancredi e Angelica, che gli chiede di ballare con lei. Il principe accett ò: ringiovanisce come
quando aveva 20 anni. Poi si va al bauffet, e si siede accanto al generale che aveva ferito Garibaldi nella battaglia di
Aspromonte, e che ora raccontava quella battaglia, e la situazione politica contemporanea. Poi il ballo si affievolisce. Alle sei
tutti vanno via: il principe preferisce andare a piedi per guardare le stelle, e come ogni mattina vede il carro di Venere, e
chiede ad esso di portarli via con s
é lontano dalla bruttezza della vita terrena.
VII cap.
Gi
à da tempo aveva capito che la vita stava passando e la morte si avvicinava ma mai come ora. Era stato a Napoli per un
consulto. Al ritorno lo portarono in un albergo. Era solo attorniato da Tancredi, Paolo, Angelica, il nipote Fabrizietto, ma in fin
dei conti era contento: la sua vita era come dell’acqua, che pian piano evaporava formando nuvole nel cielo. Chiamarono un
prete. Pens
ò che della sua vita aveva all’attivo solo due o tre anni. Lo caricarono. A un certo punto entr ò una bella donna
giovane (la morte), dopo un tale corteggiamento da parte sua, ora lei aveva accettato. Lo scorrere dell’acqua della vita,
ormai con la forza di un oceano, si interruppe per sempre. Aveva capito. Che con lui era finita la stirpe nobile dei Salina.
VIII cap.
Parecchi anni dopo la villa era diventata ormai propriet
à delle tre sorelle Concetta, Caterina, Carolina (che erano le figlie di
Don Fabrizio). Il prestigio di casa Salina era sempre meno evidente; rimanevano solo ottimi rapporti con l’arcivescovado.
Avevano anche costruito nella villa una cappella e avevano raccolto delle reliquie e un quadro considerato sacro. Ma ora
l’arcivescovo voleva riportare tutto a una sacralit
à più pura, e vi avrebbe fatto visita. Concetta aveva un potere maggiore
delle altre, ma aveva voluto rinnegare tutto il suo passato: Bendic
ò (il cane) era imbalsamato e tutti i suoi ricordi chiusi in
delle casse. Intanto aveva ottimi rapporti con Angelica (Tancredi era morto), che ora faceva parte del comitati per i 50 anni
da Garibaldi, e l’aveva invitata in tribuna d’onore. L’arcivescovo venne, cordiale ma freddo, fece togliere il quadro e fece
conservare solo cinque reliquie le altre potevano anche essere buttate. Concetta (che una volta avrebbe reagito con
fermezza dei nobili) era fredda, non reagiva, si ritir
ò in camera, fece buttare via Bendic ò: non riman è più niente del suo
passato..
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